Creare un sito web multilingua, sia che si tratti di un sito Ecommerce oppure di un portale di servizi, richiede un’attenta analisi di mercato al fine di conoscere al meglio il proprio target o Buyer Personas. Nei siti multilingua occorre, però, tener conto di molte altre variabili e parametri. Vediamo, dunque, gli errori più diffusi e, soprattutto, come evitarli.
Errore 1: Utilizzare un dominio non internazionale nel creare un sito web multilingua
È uno degli errori più gravi. Se abbiamo un sito in .it non appariremo fuori dal territorio italiano, a meno che non ci cerchino digitando il sito completo. Se il nostro sito è nato in .it possiamo sempre acquistare un dominio in .com o qualunque TLD internazionale e fare, dal file .HTACCESS, un bel Redirect 301 pagina per pagina (mi raccomando di non mandare tutto alla Home Page!) e il gioco è fatto!
Esempio:
redirect 301 / https://www.nuovodominio.com
redirect 301 /chi-siamo/ https://www.nuovodominio.com/chi-siamo
redirect 301 /contatti/ https://www.nuovodominio.com/contatti
Errore 2: Non utilizzare URL differenti per ciascuna lingua del sito
È decisivo che ogni lingua corrisponda ad una specifica URL (ad esempio, la versione inglese del sito potrà essere gestita su un TLD .com o .co.uk, mentre la versione italiana verrà gestita in un dominio con TLD .it). Non è invece consigliabile basarsi su un crawling local-adaptive che, in base all’IP address, cerca di identificare il paese e la lingua di provenienza per mostrare il contenuto più pertinente sulla medesima URL. Questo perché, come indicato nelle linee guida di Google, i Googlebot utilizzano un IP localizzato negli Stati Uniti: in altri termini le altre versioni del sito non verrebbero mai indicizzate correttamente. Attenzione a questo aspetto, dunque, nel creare un sito web multilingua
Errore 2: Sbagliare la strategia di marketing
La corretta pianificazione, nel creare un sito web multilingua, è decisiva. Innanzitutto occorre valutare se è il caso di ragionare in base alla nazione di provenienza o, piuttosto, in base alla lingua.
Nel secondo caso, si potrebbe incorrere in alcuni spiacevoli errori di traduzione: basti pensare che, in un sito destinato agli utenti di lingua inglese (parlata nel Regno Unito e negli USA), sussistono termini differenti per identificare lo stesso oggetto.
Leggi anche L’importanza di una traduzione accurata
La lingua americana presenta circa 4.000 termini differenti rispetto all’inglese britannico. Non solo, anche dal punto di vista ortografico, vi sono differenze sostanziali tra le due lingue. Dunque, se il sito è destinato ad utenti provenienti dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, sarebbe più utile gestire versioni differenti in base al Paese di origine, piuttosto che sulla base della lingua parlata. Lo stesso accade con la lingua francese, parlata in Francia, ma anche in Canada e in una specifica zona della Svizzera.
Errore 4: Utilizzare traduttori automatici per creare un sito web multilingua
È fondamentale – per la traduzione corretta dei testi – affidarsi a traduttori madrelingua che siano in grado di presentare i contenuti nel modo migliore. È importantissimo, al tempo stesso, effettuare la keyword analysis per ciascuna delle lingue del sito, evitando di eseguire una semplice traduzione delle parole chiave identificate per uno dei Paesi campione. Per fare un esempio concreto, la parola “maglione” in British viene più comunemente tradotta con il termine “jumper”, mentre negli USA viene preferito il vocabolo “sweater”. Se non viene effettuata un’attenta analisi delle parole chiave e dei volumi di ricerca, si rischia di rispondere in maniera parziale ai search intent degli utenti. Lasciando che siano i competitor ad intercettare al meglio i loro bisogni. Ovviamente la traduzione dovrà interessare, non soltanto i contenuti testuali delle diverse pagine del sito, ma anche le URL di categoria e tag, i meta tag, gli alt text delle immagini.
Errore 5: Non utilizzare correttamente l’attributo hreflang
Utilizzare nel modo migliore il tag hreflang, determinante per comunicare al motore di ricerca che una specifica pagina è destinata ad un pubblico che parla una specifica lingua.
Qui ci limitiamo a ricordare che, differentemente da quanto si pensa, il tag va adoperato sia nel caso in cui il sito presenti una suddivisione per cartelle (ad esempio, miosito.com/en/, miosito.com/fr/, etc.), sia nel caso in cui siano implementati domini e sottodomini diversi (come nel caso di miosito.it, miosito.co.uk, etc.). Ciò consente di comunicare al crawler dei motori di ricerca che si tratta dello stesso sito, presentato in lingue differenti, a seconda del target di destinazione.
Esempio:
<link rel=”alternate” href=”https://www.sito.it/” hreflang=”it-it” />
<link rel=”alternate” href=”https://www.sito.uk/” hreflang=”en-gb” />
<link rel=”alternate” href=”https://www.sito.fr/” hreflang=”fr-fr” />
<link rel=”alternate” href=”https://www.sito.es/” hreflang=”es-es” />
Errore 6: Non adoperare tool specifici per scovare gli errori più comuni legati all’uso di hreflang
Grazie a un tool di crawling e analisi di un sito web, è possibile verificare in modo semiautomatico se sono presenti errori e criticità relativi all’uso del tag hreflang. In particolare è possibile analizzare eventuali incongruenze con il tag canonical, la mancanza di tag di ritorno, errori nei codici lingua-regione e molto altro, come:
- problemi con i valori di hreflang inseriti
- conflitti all’interno del codice sorgente per l’hreflang
- link hreflang errati
- pagine a cui manca l’attributo hreflang
Errore 7: Non sfruttare Search Console per il targeting internazionale
Nel creare un sito web multilingua, un altro dei tool fondamentali per attuare al meglio la propria strategia di internet marketing è Google Search Console. Nella sezione “targeting internazionale” è possibile consultare, ormai da alcuni anni, un rapporto che identifica eventuali errori presenti, come la mancanza del link di ritorno (se la pagina in italiano linka la pagina in inglese, deve valere anche il contrario) o l’utilizzo di codici errati.
Sempre grazie a Google Search Console è possibile verificare che le relative sitemap, per ciascuna lingua, siano correttamente presenti e implementate nel modo più idoneo. Come indicato nelle guide online è importante indicare che ogni risorsa è relativa ad una specifica lingua, tramite il comando:
<xhtml:link
rel=”alternate”
hreflang=”de”
href=”http://www.example.com/deutsch/page.html”/>
Errore 8: Non utilizzare il tag canonical per evitare duplicazioni di contenuto
In alcuni casi, per esempio se si fa riferimento a siti Ecommerce, si potrebbe temere di incorrere in contenuto duplicato, soprattutto nel caso di un sito destinato a Paesi quali il Regno Unito, l’Australia o gli Stati Uniti, dove si parla la lingua inglese. In questi casi, è molto probabile che le pagine relative a ciascun Paese siano molto simili tra loro, con piccole variazioni – come abbiamo visto – dovute a diversi modi di identificare lo stesso oggetto o differenze di ortografia.
Tuttavia, in questa circostanza, se l’attributo hreflang è applicato correttamente, Google e gli altri motori di ricerca non rileveranno alcuna duplicazione di contenuto. È dunque sbagliato rendere canonica, per esempio, la pagina relativa al Regno Unito, a discapito delle stesse pagine destinate agli USA e all’Australia. Ogni contenuto, infatti, sarà considerato unico per quello specifico Paese di destinazione, senza alcuna necessità di implementare il tag canonical.
Esempio:
link rel=”canonical” href=”https://www.sito.it/pagina-canonica/” />
dove al posto di https://www.sito.it/pagina-canonica/ bisogna inserire l’URL della pagina canonica.
Conclusione
Non è facile fare SEO multilingua, soprattutto se si tralasciano questi 8 punti che, se fatti a monte, velocizzeranno il processo di indicizzazione del tuo sito e consentiranno l’incremento delle conversioni.
Guest post a cura di Alessandro Lombardi
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